Un weekend da montagne russe in mezzo alla torcida brasiliana per Max Verstappen e la Red Bull. Un venerdì iniziato con una RB21 in difficoltà, da 3a fila e con una Sprint Race anonima. Ma il peggio doveva ancora venire visto che nella qualifica della Main Race c’è stata la clamorosa eliminazione del quattro volte campione del mondo olandese in Q1, la prima nella sua storia. Nemmeno guidando una Toro Rosso era uscito tra i primi 5 delle qualifiche. La domenica è avvenuta però la Risurrezione, con un ritmo da vittoria che lo portato dalla pit lane a finire sul podio in terza posizione. Quale follia ha accompagnato la squadra di Milton Keynes in questi tre giorni?
Il passo indietro sugli aggiornamenti ed un dettaglio che ha messo in difficoltà i team
Dopo il brillante risultato di Austin ed una discreta prestazione in Messico, dove è giunto l’ultimo aggiornamento importante per la RB21, l’attesa era di capire in Brasile se le speranze mondiali di Max Verstappen sarebbero rimaste ancora reali o meno. Il circuito di Interlagos si sposava benissimo con le caratteristiche della MCL39 per due motivi: curve di media velocità ad ampio raggio ed una pista che poteva dare problemi di accensione delle gomme (con temperature basse) o di degrado (con temperature alte). In entrambi i casi, nulla che avrebbe messo in difficoltà la vettura Papaya, la cui prestazione comunque non ha soddisfatto del tutto il team di Woking, ma ci torneremo. La Red Bull è invece andata in difficoltà, non riuscendo a lavorare secondo un programma lineare (le classiche 3 sessioni di libere) ed anche il meteo variabile, soprattutto riguardo le temperature dell’asfalto, non ha sicuramente aiutato.

Molti team a San Paolo sono andati un po’ in crisi con gli assetti. Questo spiega come mai abbiamo visto tanti cambi di performance tra la Sprint Race e la qualifica. Non una cosa inusuale ma mai così esasperata (Red Bull, Aston Martin, Haas..). A contribuire a questo disagio collettivo, testimoniando ancor di più quanto oramai questa F1 sia estrema sotto ogni aspetto, sono stati anche quei piccoli canali che si sono visti lungo la pista, creati per aumentare il drenaggio dell’asfalto in caso di pioggia. Piccoli solchi, ravvicinati, sparsi lungo il tracciato. Anche questo ha contribuito a far perdere quella importante correlazione tra la pista e le simulazioni, creando dei grattacapi in più agli ingegneri di alcune squadre. Questo, sommato alle temperature variabili, il vento variabile e altro, ha reso il fine settimana molto complicato soprattutto per chi, come Red Bull, lotta con una vettura dall’altissimo potenziale ma con una finestra di funzionamento non troppo ampia. La complessità del fine settimana ha fatto optare la Red Bull per togliere il fondo del Messico dalla macchina di Verstappen per metterlo su quella di Tsunoda. Era più importante partire con una base maggiormente solida e conosciuta per il quattro volte campione del mondo.

“Nella Sprint eravamo P5, abbiamo chiuso P4 solo grazie all’uscita di Piastri. Nessuno di noi però si sarebbe accontentato di andare in qualifica e accettare di stare in quella posizione” ha spiegato il Team Principal, Laurent Mekies. Da qui il cambio ‘radicale’ nel setup, con il nuovo fondo messo da parte e un assetto meno aggressivo in termini soprattutto meccanici. Il risultato in qualifica però è stato disastroso. Macchina senza grip e impossibile da guidare. Risultato? Partenza dalla pit lane, dopo il 16esimo posto in griglia, e nuovi cambiamenti di assetto anche sfruttando i dati raccolti dal pilota giapponese nella Sprint. A quanto capito, il grosso del lavoro si è concentrato sulle rigidezze a terra della RB21 e molto meno dal punto di vista aerodinamico, dove si è intervenuti solamente sulla beam wing. La RB21 si è così improvvisamente accesa, passando dall’eliminazione in Q1 ad avere il passo per essere vincente, prima forza in gara. “La macchina in gara era viva e aveva il potenziale per vincere probabilmente, e questa è la cosa più importante” ha ammesso Mekies al termine della gara.
I rischi Red Bull dovuti ai problemi con gli strumenti: non sempre riescono i miracoli
Sia sotto la guida di Christian Horner e con Adrian Newey al comando della parte tecnica, ma ancora oggi con Laurent Mekies e Pierre Waché alla guida di Red Bull, questo è un team che si è sempre assunto grossi rischi. Oggi più che mai. A Milton Keynes infatti sono consapevoli di lottare contro team che, a livello di strumenti, sono davanti a loro, e non di poco. Simulatore, galleria del vento, sono infrastrutture che la squadra anglo-austriaca ha aggiornato e sta aggiornando, ma che non sono ancora in funzione. Le sessioni di prova e i dati in pista sono essenziali per settare al meglio la RB21, anche se sul finire dell’estate sono stati fatti importanti passi in avanti a riguardo.

“Nessuno si aspettava un risultato del genere. Non eravamo particolarmente felici della macchina sin dall’inizio. Ci siamo quindi presi dei rischi per provare a mettere la macchina in una finestra migliore al Sabato, ma è chiaro che il risultato è stato l’opposto di quello che volevamo” ha ammesso Mekies. La Red Bull non si tira indietro sotto questo aspetto. Lo abbiamo visto anche con lo sviluppo del nuovo fondo, fatto utilizzando solo il CFD e non portandolo in galleria del vento per non sottrarre ore di sviluppo alla futura RB22. E’ un approccio aggressivo che comporta molti rischi di correlazione e non deve stupire che il team di Milton Keynes abbia fatto un passo indietro proprio in Brasile. “A volte paghi il prezzo di questo tipo di approccio. Non sempre va come vorresti. Fa male ma ti fa anche imparare aspetti dove puoi migliorare” ha analizzato il TP francese.

Giustamente, la Red Bull e Max Verstappen non volevano e non potevano accontentarsi di finire certamente dietro ad entrambe le McLaren e hanno provato di tutto per migliorare la RB21. L’obiettivo era provare ad accorciare il gap nei confronti di Norris e Piastri. Le è andata male in qualifica ma poi la gara ha dimostrato che tecnici ed ingegneri avevano tutte le ragioni nel provare ad osare, perché la vettura anglo austriaca aveva il potenziale per contendere la vittoria alla McLaren in un circuito cosi amico. E non è un caso che tra addetti ai lavori si consideri proprio la Red Bull come il team per eccellenza composto da veri racer!



