Il mondiale di Formula 1 2022 si è concluso con una netta vittoria da parte di una super Red Bull e Max Verstappen. I meriti vanno ricercati nel progetto della RB18 di Adrian Newey e dei suoi uomini, nonchè nel talento del pilota olandese, nel lavoro della squadra di Christian Horner in fabbrica e soprattutto in pista, ma anche nella Power Unit che ha spinto il team austriaco. Nominata come Red Bull Powertrain (a livello ufficiale), creando così anche qualche dibattito sull’effettiva veridicità nel considerare Red Bull come nuovo motorista nel 2026, il motore utilizzato dalla RB18 era una unità Honda a tutti gli effetti; supervisionata dai tecnici giapponese, alcuni dei quali passati a Milton Keynes per lavorare sulla prima unità ufficiale RBPT, che debutterà solamente nel 2026. Non è quindi un caso che il colosso giapponese torni a metterci direttamente la faccia nella prossima stagione, se si considera che le RB19 saranno nuovamente e ufficialmente motorizzate ‘Honda RBPT’ come da Entry List ufficiale FIA.
I due titoli di Max Verstappen frutto anche di un motore che fino ad ora aveva rallentato Newey e la Red Bull
Uno dei grandi limiti del team Red Bull è quello di non essere mai stato un team ufficiale e completamente indipendente a tutti gli effetti, appoggiandosi sempre ad un fornitore esterno per l’approvigionamento dei motori. Nell’era moderna della F1, non è più facilmente separabile la progettazione di una vettura da quello dell’unità motrice. “Ciò che è stato sempre più chiaro man mano che abbiamo affrontato i problemi della passata stagione, è il collegamento tra l’unità di potenza e il telaio, due macro elementi che non si possono più sviluppare separatamente.” ha infatti fatto sapere Hywel Thomas, Managing Director di Mercedes-AMG HPP (reparto motori). Se in passato questo non è stato un problema cosi importante, visto l’era di dominio con Sebastian Vettel, dall’avvento delle Power Unit ibride e del dominio Mercedes, lo è diventato eccome. Renault era diventata chiaramente un limite per il team di Christian Horner, visto che il motorista francese non è mai riuscito a raggiungere il livello dei propulsori di Brixworth, pagando gap importanti a livello di CV, anche nei confronti di Ferrari che invece con gli anni è riuscita ad avvicinarsi a Mercedes. Un limite che ha impedito a Red Bull di essere in lotta per il mondiale e, in più situazioni, anche lontana da una lotta alla pari con la Scuderia di Maranello per il secondo posto nel Costruttori.
La partnership con la Renault si è rotta in modo brusco, tuttavia, un progetto di collaborazione con Honda era già stato programmato. Il colosso giapponese era rientrato da poco in F1 ma con stagioni piuttosto fallimentari, che hanno fatto perdere la pazienza alla McLaren. La squadra inglese ha deciso cosi di cambiare strada, passando dapprima ai motori Renault, poi in casa Mercedes, con l’unità tedesca che tuttora spinge le vetture arancioni. Christian Horner e i suoi hanno invece intravisto una forte potenzialità in questa collaborazione soprattutto data la disponibilità di Honda a progettare le unità motrici ad hoc per la vettura anglo austriaca, potendo così adattare al meglio le idee di Adrian Newey e non dovendo invece essere lui ad adattarsi a motori già fabbricati e pensati per essere congeniali ad un altro tipo di macchina come possono essere le altre tre unità che equipaggiano i team ufficiali (Ferrari, Mercedes ed Alpine).
L’evoluzione della Power Unit Honda: la precamera e la combustione ultra veloce il primo passo nell’inseguimento a Mercedes e Ferrari
Il viaggio iniziato nel 2019 ha portato alla conquista di due titoli mondiali per Max Verstappen e un Costruttori per Red Bull. Traguardi sicuramente importanti viste le basi con cui il progetto è iniziato ossia la poca prestazione e i tanti problemi di affidabilità dell’unità motrice giapponese. L’unione di Red Bull e Honda ha però messo in piedi un team capace di dare dapprima del filo da torcere a Mercedes, per poi superarla attraverso un programma di sviluppo mirato e molto intenso che ha visto la Honda scalare le gerarchie: da ultima unità in griglia a diventare il punto di riferimento attuale. L’unità motrice che ha spinto la RB18 è infatti stata la migliore in termini complessivi nella passata stagione, mentre i loro rivali si sono trovati tutti (Ferrari, Mercedes, Renault), chi più chi meno, a dover fare i conti con qualche CV in meno e noie di affidabilità.
Il ritorno nel 2015 aveva visto la Honda dotare la McLaren di un motore molto compatto che puntava ad avere meno ingombri possibili, ma quella non si rivelò la giusta soluzione tanto che dopo un 2015 e un 2016 deludenti, nel 2017 la Honda cambiò molto il layout di MGU-H, turbo e compressore e ci fù l’adozione del sistema TJI, con la camera di precombustione e la combustione veloce.
Nella camera di precamera, che separa nettamente la parte di candele e iniettori dal resto della vera e propria camera di combustione, si accende una piccola quantità di miscela molto ricca di carburante, quindi molto calda. Entrando in camera di combustione, viene cosi facilmente accesa la restante parte della miscela, molto povera di combustibile e quindi molto utile nell’era del risparmio energetico, visto che anche in F1 c’è un limite al consumo di combustibile (110 kg). Dei piccoli fori che separano la parte di precamera alla camera di combustione permettono alla miscela ricca, di accendere in più punti quella più povera di carburante cosi da accelerare notevolmente la velocità di propagazione della fiamma. Il colosso ci arrivò qualche stagione dopo Mercedes, che poteva contare delle due tecnologie sin dalla stagione 2014, la prima della nuova era ibrida, e di Ferrari che le portò sulla sua power unit 2016 grazie all’azienda tedesca Mahle.
Nel GP di Russia 2018, Honda portò in pista una importante e molto efficace, ma complicata, evoluzione della combustione veloce. Grazie ad una particolare geometria di ingresso della carica nella camera di combustione, i giapponesi avevano notato sui banchi dei picchi importanti di potenza. La combustione era però molto instabile. Serviva una benzina ottimizzata per stabilizzarla, che venne sviluppata e poi prodotta da ExxonMobil in poche settimane e che permise al colosso giapponese di fare un salto in avanti mai visto nelle tre stagioni precedenti.
Tuttavia, la potenza extra trovata creò non pochi problemi di stress e usura sul motore, tanto che Honda riuscì a risolverli solamente nel 2020 grazie ad uno speciale rivestimento sulla camicia del cilindro, prodotta nello stabilimento di Kumamoto. Da qui il nome di Kumamoto Plating, che diminuì notevolmente l’usura dei cilindri e la maggiore affidabilità permise ulteriori passi in avanti per rendere ancora più efficiente la particolare tipologia di combustione.
L’evoluzione della Power Unit Honda: il Charge Air Cooler è utilizzato anche da Ferrari e Mercedes
Dal suo ritorno in Formula 1 il colosso giapponese ha sviluppato molto le sue unità motrici cambiando anche filosofia progettuale e layout in più occasioni. “La sfida più grande”, a detta dell’ex Head of Power Unit Development, Asaki-san, “penso sia stata ai tempi della McLaren, quando abbiamo apportato grandi modifiche all’MGU-H e abbiamo cambiato il posizionamento del compressore e della turbina [con la separazione dei due macrocomponenti]”. La missione di ritornare al top è stata ardua ma alla fine in Honda sono riusciti a trovare la ricetta giusta tanto che da qualche stagione sono anche gli avversari a studiare le soluzioni del colosso giapponese.
Tra cui quello che Honda ha definito come Charge Air Cooler, introdotto nell’unità 2021. Nell’era ibrida, mantenere l’energia all’interno del ciclo termico il più a lungo possibile è importante tanto quanto estrarre quanta più energia possibile da un’unità di carburante immesso in camera di combustione. Da qui è nato il CAC, abbreviandolo, ossia un recupero energetico di energia altrimenti persa dal compressore.
Nei motori classici esiste infatti una valvola chiamata Pop Off Valve, con la funzione di salvaguardare l’integrità del compressore, sfiatando la pressione in eccesso. In casa Honda, e a quanto appreso utilizzato anche da Ferrari e Mercedes, c’è una piccola tubazione che porta la pressione in eccesso verso lo scarico, che permette alla turbina di girare ulteriormente attraverso un’energia altrimenti buttata in atmosfera ma che cosi facendo rimane all’interno del sistema. Una tecnologia molto utile in fase di accelerazione, quando la pressione al compressore è massima, ed è anche utile per ridurre il più possibile ciò che comunemente viene definito turbolag. Questa importante caratteristica ha infatti permesso ad Honda di aumentare la capacità di recupero dell’energia in queste condizioni del 10%, proprio grazie ad un minor utilizzo del motogeneratore MGU-H per ridurre il turbolag.
…continua…
Autori: Piergiuseppe Donadoni e Paolo D’Alessandro
Co Autore: Daniel Bialy
Illustrazioni: Rosario Giuliana