La lunga interruzione di Aprile sta regalando a team e addetti ai lavori una pausa di riflessione prima del lungo ciclo di ben dieci weekend in pista nei prossimi tre mesi. Il lavoro in fabbrica non si è certamente fermato, considerando che tecnicamente da Baku – e più ancora da Miami – si entrerà nella prima vera fase di sviluppo delle vetture 2023. Le prime tre gare hanno mostrato che di base Red Bull (team campione del mondo in carica) ha una comprensione avanzata della vettura, la quale ha saldamente in mano le redini del campionato. L’ottimismo visibile e quasi ostentato dei vertici di Milton Keynes durante i test era ben motivato. In quel momento l’unico punto poco chiaro era soltanto dove fosse la Ferrari.
La realtà attualmente è che, tanto per fare un esempio un pò estremo, Sainz dovrebbe vincere 4 gare di seguito per tornare ad una media più consona alle ambizioni di un team come la Ferrari, Leclerc persino 6. Qualcosa che è realisticamente difficile da immaginare. Tralasciando le classifiche, i prossimi mesi saranno comunque interessanti per la competizione. Mercedes vuole accorciare il suo gap e cancellare l’onta di essere più lenta di un cliente. Ferrari deve recuperare punti e soprattutto morale, mentre il senatore Fernando Alonso cerca qualcosa in più del podio.
Red Bull: sulla RB19 velocità incredibili grazie allo stallo della beam wing?
La RB19 ha gli occhi addosso degli ingegneri rivali (più di quanto li avesse la RB18) per via delle sue velocità irraggiungibili. Mercedes usa incidenze meno ripide ma anche con ali meno pesanti non c’è paragone. I tecnici avversari sono convinti da tempo che ci sia un concetto dietro e si stanno facendo tutti la stessa domanda: come fa la RB19 a mandare in stallo un elemento dell’ala posteriore?

Posteriore della Red Bull Rb19 – Illustrazione di Rosario Giuliana
Intanto va sottolineato che riuscire a creare le condizioni per stallare volutamente un elemento aerodinamico – operando all’interno del regolamento – è motivo di merito. In passato è persino accaduto il contrario, cioè che alcune vetture della vecchia generazione fossero incappate in stalli nocivi che mandavano in crisi, in maniera improvvisa, il bilanciamento. Qualcosa di non semplice da risolvere, allo stesso modo di difficile individuazione nella complessità del disegno di una F1.
Ogni ala ha un angolo di attacco, cioè l’angolo con cui genera una certa resistenza e carico aerodinamico. C’è però un punto critico dove si genera la separazione dei flussi, definito come l’angolo critico di attacco. Se l’angolo di attacco aumenta oltre l’angolo critico a un certo punto tutta la deportanza sarà persa mentre la resistenza continuerà ad aumentare fino al cosiddetto ‘stallo’. In F1 è diverso. Grazie a determinati soffiaggi sul dorso dei profili aerodinamici, si ottiene il distacco del flusso evitando l’aumento di drag per una maggiore velocità massima. C’è poi una significativa perdita di deportanza, a causa del minor delta pressorio tra parte alta e bassa dell’ala, che genera un abbattimento indiretto dell’innesco del porpoising dovuto alla % di carico perso. Quest’ultimo fattore è molto utile nella fase di alleggerimento in gara, oltre che in termini di maggior elasticità meccanica poiché consente di diminuire la rigidità di base con molteplici vantaggi.

Visione posteriore della RB18 (2022) – Illustrazione di Rosario Giuliana
Lo stallo della beam wing sembrerebbe molto conveniente visto che da calcoli al simulatore, la velocità massima dell’auto potrebbe aumentare fino a 8 kmh in base alla ripidità dell’elemento. Il trucco sta nell’ottenerlo in un modo non casuale e solo a determinate velocità. Va rimarcato che più è ripida un’ala, più è facile indurre lo stallo, poiché i flussi si separeranno con una maggiore facilità. Non sarebbe ovviamente una novità; in passato le squadre hanno cercato di usare lo stallo di un’ala per ottenere la massima velocità riducendo il drag, possiamo pensare al DRD passivo che soffiava per rompere i flussi dietro il gurney flap, separandoli forzosamente. Oppure, flettendo le ali ad una determinata velocità, le ali si muovono limitando gli spazi degli slot più piccoli, riducendo così l’alimentazione sulla parte posteriore del flap successivo portando al conseguente stallo delle stesse.

Rappresentazione di un’ala posteriore (di vecchia generazione) che flette – Illustrazione di Rosario Giuliana